
Che cosa ti ha ispirato a lasciare la tua casa in Italia e venire in Canada? In particolare che cosa ti ha portato a Vancouver?
Sono partita da San Zenone degli Ezzelini, in Veneto, perchè il mio fidanzato si trovava a Vancouver. Era venuto qui a 19 anni e nel frattempo abbiamo continuato a scambiarci lettere .
Nel 1960 ha deciso di chiamarmi per venire in Canada. Avevo appena compiuto 25 anni. Ci siamo sposati e i primi anni sono stati duri, specialmente quando sono rimasta incinta. Piangevo la mia famiglia, la Chiesa, la mia lingua.
Quali sono state alcune delle tue prime esperienze quando sei arrivato in Canada?
Riguardo al viaggio, lo descriverei come un “interminabile viaggio”! Sono andata In nave da Genova a New York, e in aereo fino in Ontario ma, a causa di una grande tempesta sui laghi, ci hanno dirottato a Buffalo. Arrivati a Toronto ho perso il treno e ho dovuto prenderne un altro per cinque notti. Vicino a me era seduto un cowboy e avevo persino paura ad alzarmi per andare in bagno, dovendo lasciare i miei bagagli incustoditi!
Dal treno vedevo solo montagna, piante, dirupi, non si arrivava più! Durante il lungo viaggio cercavo di immaginarmi questa bella città di Vancouver.
A Winnipeg era salita una famiglia italiana e hanno avuto cura di me fino a che mio marito non è riuscito a trovarmi alla stazione.
Se avessi potuto sarei ritornata indietro ma ormai era stabilito che mi sposassi.
Mio marito aveva comprato la casa e abbiamo vissuto con la sua famiglia per quattro anni. Mi sono sentita protetta da quel lato, ho trovato un’abitazione e non mi sono dovuta preoccupare di nulla.
Ho avuto due maschi e una bambina e per me la famiglia è sempre stata la cosa più importante.
Mia mamma, purtroppo, è mancata dopo soli due anni dalla mia partenza. Quando ho aperto la lettera con questa notizia, mi è venuto male al cuore ma avevo la mia famiglia ed ho cercato di fare del mio meglio per andare avanti. Dopo 7-8 anni, finalmente, sono andata in visita in Italia per rivedere mio padre e i miei fratelli e sorelle.
Per quanto riguarda la mia vita in Canada, l’ambiente naturale mi piaceva tantissimo; andavamo al Trout lake e avevo le montagne che mi ricordavano il mio Monte Grappa, la natura era bellissima. Purtroppo tutto il resto era straniero, la lingua, in particolare, e le persone. Nonostante ciò avevo la famiglia di mio marito e tanti amici. Ogni sabato c’erano ragazzi della nostra età che si sposavano. Certo è che l’ambiente e le persone erano diverse dagli italiani, non c’era una connessione tra la nostra e la loro cultura. Pensavo spesso all’Italia, con i suoi monumenti e la storia, mentre qui non c’era niente.
Cosa hai fatto della tua carriera quando sei venuta in Canada?
Per 2-3 anni ho lavorato con la compagnia Gerardi, la quale aveva tre negozi di generi alimentari su Commercial Drive e Hastings. Mi hanno dato un negozio per conto mio e nel frattempo aspettavo il secondo bambino. Non volevo stare a casa! Dopo la nascita del bambino, il padrone veniva a prendemi al lavoro per portarmi ad allattare e poi quando avevo finito mi riportava indietro. Cose da non credere!
Ho insegnato italiano per 35 anni, alla scuola di Templeton, Britannia e Our Lady of Sorrows, dopodichè è nato il Centro e ho iniziato lì. Mi occupavo dei programm avanzati, degli adolescenti e degli adulti. I genitori volevano mettere tutti i figli con me! Ho insegnato fino a quando ho avuto 70 anni.
Come sarebbe stata la tua vita se fossi rimasta in Italia?
Certamente avrei insegnato alle elementari, la scuola è sempre stata la mia passione.
Come hai conservato le tue radici italiane?
Mia suocera e i miei cognati parlavano solo l’italiano e poi certamente attraverso l’insegnamento.
Quali sono state alcune delle tue esperienze con il Centro Culturale Italiano?
Nel 1978 ho cominciato anche il mio Club delle signore. Già per il grande pranzo di apertura del Centro avevo coinvolto un gruppo di genitori della scuola e altre signore. Successivamente Alex Corra ha iniziato a parlare della possibilità di fare il Bingo e così mi sono informata su come organizzarmi e abbiamo iniziato. Non avevamo i computer e le calcolatrici allora e facevamo tutti i conti a mano! Per tre mesi e mezzo io e mio marito abbiamo lavorato al Bingo ogni settimana e nel frattempo ho iniziato a cercare altre signore per aiutare.
L’idea del gruppo delle Ladies è nato per supportare le signore italiane, le quali non avevano il coraggio di andare a parlare negli uffici, dal dottore, dall’avvocato, dal sacerdote; oltre a questo c’era bisogno di un luogo dove riunirsi mentre allo stesso tempo il Centro aveva bisogno di aiuto per crescere.
Nei primi due anni non abbiamo avuto molte iscrizioni ma dopo è arrivato il successo e siamo arrivati a 150 signore. Il 19 settembre 1980 abbiamo registrato il Club come associazione, Gruppo Femminile Italiano Society. Abbiamo sempre avuto ospiti e presentazioni di tutti i tipi, come quella sull’anemia mediterranea e le varie serate di solidarietà. Ho organizzato circa 400 seminari, con in media uno o due ospiti al mese. Ho anche offerto counseling privato alle signore con difficoltà a casa.
Sono stata tra i Delegati del Centro sin dall’inizio ma non ho mai voluto entrare nel direttivo perchè ero troppo occupata. Avevo tre bambini, il Cub delle Signore e gli altri impegni, tra i quali le traduzioni in italiano per la Chiesa, il coordinamento delle donazioni del sangue più la scuola e la Giornata del Razzismo. Ho partecipato ad ogni riunione del Centro.
Quanto era importante il Centro Culturale Italiano per la comunità italiana a quel tempo?
Era molto importante, soprattutto per la scuola, ma era anche l’unico posto nel quale le associazioni si riunivano e in cui la gente ritrovava i propri coetanei. Non c’era un altro Centro, tutta la comunità italiana era lì, soprattutto in occasione di grandi eventi quali la Festa della Repubblica.
C’erano sempre riunioni e decisioni importanti da prendere, come quando si è costruita la fase due dove ora si trova l’Osteria. Inoltre, in passato, i ragazzi venivano a scuola da giovani e proseguivano fino ai 18 anni. Al Centro avevamo anche il gruppo “Oggi” e “Onda”, i quali si riunivano per lo sport e facevano delle serate. Dipendeva molto dalle famiglie che spingevano i figli a frequentare e parlavano ancora l’italiano a casa.
Come si è evoluto il Centro Culturale Italiano oggi?
Il Centro è a buon punto, peccato che molte persone invecchiando si siano ritirate. Io spererei che più bambini e adolescenti frequentassero la scuola.
Uno dei problemi che ho riscontrato è che oggi i ragazzi hanno già tutto nelle loro scuole superiori e non sentono il bisogno di riunirsi e di avere un Centro in cui si vive una “vita italiana”.
Inoltre in passato i genitori stessi avevano necessità di parlare in italiano con gli insegnanti. Oggi i genitori parlano in inglese e quindi diventa difficile tramandare la lingua.
Purtroppo anche i giovani nelle associazioni sono andati scemando e la paura è che lentamente si scioglieranno, perdendo la propria identità.
Ho notato che fortunatamente ci sono più adulti, soprattutto canadesi, che sono interessanti alla lingua e alla cultura italiana.
Quali sono alcuni consigli che vorresti dare alle prossime generazioni di italiani che stanno venendo in Canada?
Devono darsi da fare, formare una famiglia e sentirsi bene in questa nazione. Parlare l’inglese è un vantaggio enorme ma dovrebbero cercare di coinvolgersi con le associazioni regionali per sostenere la nostra identità italiana.
E alle seconde e terze generazioni che sono nate qui cosa consiglieresti?
Consiglio loro di impare l’italiano, sia per il lavoro che per viaggiare. Inoltre, i genitori e i nonni devono invogliare i figli a riscoprire le proprie radici.
Written by Lara Ferrarotti