Anna Teranna

  1. Che cosa ti ha ispirato a lasciare la tua casa in Italia e venire in Canada? In particolare che cosa ti ha portato a Vancouver?

Io non sono un’emigrante per natura e non volevo assolutamene venire.  Sono nata a Torino in Via Bogino all’ombra dell’Antonelliana.  Lavoravo alla North American Aviation come assistente del direttore ai contratti e gestivo il reparto ed alla Noirth American Aviation lavorava Enzo, il mio ex-marito.  Mi sono ttrovata sull’altare senza neanche accorgermene!  Ad un certo punto la North American Aviation avrebbe completato il progetto in Italia ed io sarei finita in FIAT.  Enzo, infatti, essendo un tecnico, ha lasciato l’impiego prima di me.

Enzo era vissuto in Australia per nove anni e non si adattava piu’ all’Italia e, per questa ragione, abbiamo tentato di andare in Inghilterra ma non ha funzionato per diversi motivi ed Enzo ha suggerito il Canada.  Quando siamo andati ad incontrare il console canadese a Milano, per fa domanda di immigrazione, ci ha consigliato di andare a Vancouver, la sua citta’ natale.  Vancouver l’avevo sentita nominare solo una volta e sapeco dov’era sull’atlante.  Mio marito era membro del Commonwealth e per questo potevamo partire subito.  Io avrei dovuto aspettare sei mesi perche’ all’epoca se si .aveva la fedina penale pulita e non si avessero malattie, si poteva partire per il Canada in sei mesi.  Enzo aveva promesso che saremmo tornati in Italia ed infatti ho portato poche cose.

 

  1. Quali sono state alcune delle tue prime esperienze quando sei arrivato in Canada?

Arrivati all’areoporto di Liinate, l’agente addetto all’imbarco, mi ha fermata dicendo che, essendo italiana, non sarei potuta entrare in Canada senza un visto.  Io non ne sapevo nulla.  Il pilota dell’aereo stesso e’ intervenuto ed ha detto che mi avrebbe riportata in Italia se non mi avessero accettata.  Ed eccomi qui!  Non avevamo prenotato in alcun albergo e siamo finiti in centro citta’.  Lungo il percorso dall’areoporto a Vancouver, ho notato tante casette tutte uguali che mi hanno fatto pensare al “far west” che avevo visto nei film americani e non ho visto nessun oin giro.

Un paio di settimane dopo il nostro arrivo, ci siamo trovati un sabato sera su Granville Street dove non c’era anima viva e tutti i negozi erano chiusi.  Abbiamo finalmente trovato un piccolp ristorante italiano dove, non sapendo che le pizze erano gigantesche, abbiamo ordinato una pizza media ed una grande e quasi non ci stavano sul tavolo!  Questo e’ stato il mio primo trauma, il secondo e’ stato quando a fine cena sono arrivati con il “doggy bag” con la pizza avanzata.

A Capodanno siamo andati con amici in un grande albergo, il Bayshore, dove ho notato che la gente arrivava vestita elegantemente portandosi un sacchetto di carta ed infine mi e’ stato detto che nel sacchetto c’era il vino che, all’epoca, non poteva essere venduto negli alberghi.

La nostalgia dell’Italia era atroce ma non potevo dire ai miei genitori che stavo male.  Finalmente nel 1973, dopo sette anni, sono tornata in Italia.

 

  1. Cosa hai fatto della tua carriera quando sei venuta in Canada?

All’inizio non riuscivo a trovare lavoro ma ero diplomata in lingue ed infine sono stata assunta all’Immigrazione Cattolica, dove ho sostituito una maternita’ ma presto mi sono ritrovata incinta e mi sono dedicata a mio figlio Davide, nato nel 1967.   In seguito, dopo aver lavorato per una societa’ di investimenti ed una Credit Union, sono stata assunta dall’Universita’ Simon Fraser dove ho lavorato nella biblioteca ed in seguito nel reparto di lingude moderne dove assistevo i decani delle cinque sezioni allora esistenti.

Il mio ultimo impiego a Simon Fraser e’ stato come assistente del direttore dell’Istituto di Public Policy Analysis che pero’ e’ stato presto incaricato dal governo provinciale di dare inizio allal Commissione di Polizia della Columbia Britannica.  John Hogarth accetto’ e mi offri’ di amministrare l’ufficio.  Diventai cosi’ l’amministratrice della Commissione dal 1974 al 1984 quando diedi le dimissioni perche’ la situazione era cambiata e non accettavo quello che stava accadendo.

Durante gli anni che seguirono mi coinvolsi completamente con il Centro Cuturale Italiano di cui avevo visto la nascita e di cui ero Presidente e continuai a titolo volontario fino al 1997 quando accettai la posizione di Executive Director.

Nel 1993 sono stata eletta deputata a livello federale (Member of Parliament) ed ho rappresentato, ad Ottawa, Vancouver Est per i liberali fino al 1997.  E’ stato motivo d’orgoglio non solo per me ma anche per la comunita’ anche perche’ sono stata una di due sole persone che non erano NDP a vincere in quel collegio a tutti livelli di governo e sono stata la prima canadese di origine italiana ad essere eletta Member of Parliament nell’ovest canadese.  Era pure motivo d’orgoglio il fatto di essere una di soli 295 deputati eletti in Canada quell’anno.  Infine nel 1998 ho ricevuto la nomina di Membro dell’Immigration and Refugee Board ed ho avuto l’incarico di accettare o rifiutare coloro che, arrivati in Canada’ fanno domanda di rifugio.  Ho servito in questo ruolo semigiudiziario fino al 2006, anno in cui sono andata in pensione.

Oltre alle mie attivita’ lavorative ho anche svolto molte attivita’ di volontariato.  Nel 1968 ho conosciuto Rino Vultaggio ad una cena abruzzese e mi ha proposto di creare inseme qualche iniziativa.  Ho iniziato facendo la presentatrice ad una sfilata di moda, ho poi continuato saltuariamente con la stazione radio italiana ed ho fondato ed organizzato il Mercato Italiano su Commercial Drive che duro’ dal 1977 al 1985.  Il Mercato fu ripreso nel decennio scorso ed e’ diventato l’Italian Day on the Drive.

Nel 1974 Rino ed io abbiamo fondato il Marco Polo con l’aiuto di alcuni amici.  Si rattava di un mensile in italiano ed in inglese il cui compito era di supportare la costruzione del Centro Culturale Italiano.

Ho persino partecipato al progetto pilota School Canadiana che alla fine degli anni sessanta ha dato inizio ai corsi di inglese per nuovi arrivati e questo mi ha dato modo di conoscere la comunita’ italiana da vicino e di rendermi conto che anche gli italiani che non volevano esprimersi in inglese, lo potevano se aiutati.  Mi coinvolsi immediatamente con il Multiculturalismo e vi rimasi coinvolta per 20 anni a molti livelli.

Negli anni ottanta e novanta ho collaborato con Vito Bruno ed ho condotto le interviste per Radio Italia, la televisione italiana a Vancouver, ed insieme a Vito, per alcuni anni, abbiamo condotto l’annuale Telethon per l’Ospedale dei Bambini e siamo riusciti a raccogliere parecchi fondi e a dare il buon esempio alle altre culture che in seguito hanno pure condotte le loro campagne fondi alla radio o alla televisione.

 

  1. Come sarebbe stata la tua vita se fossi rimasta in Italia?

Non saprei.  La North American Aviation mi aveva offerto di andare a lavorare per loro in Svizzera o in Inghilterra o ad Anaheim in California.  Sarei stata disposta ad andare in Svizzera o in Inghilterra ma ho detto un no assoluto agli Stati Uniti… ed eccomi qui!  Avevo anche la scelta di andare in FIAT dove la Signora Valletta, a cui insegnavo l’inglese, mi voleva a fianco del marito.  Non sono pentita di essere venuta in Canada ma soffro ancora di grande nostaglia e dopo 50 anni questo non dovrebbe succedere.  Penso comunque che se fossi rimasta in Italia non avrei avuto i molti onori che ho ricevuto qui e tra questi il Cavalierato al Merito della Repubblica Italiana, il titolo di italo-canadese dell’anno, emigrante dell’anno, il riconoscimento nel millenario come uno di sei italo-canadesi che si sono distinti nelle comunita’ nel corso degli anni, nonche’ tutti i riconostimenti canadesi fra cui la medaglia per il 125esimo anniversario del Canada.

 

  1. Cosa ti è rimasto dell’Italia?

Devo dire che quando sono tornata in Italia nel 1973, ho trovato una Torino che non riconoscevo.  C’era una strana atmosfera e, malgrado due magnifiche offerte di lavoro che mi sono state fatte, ho deciso di tornare ed al ritorno ho deciso che sarei rimasta in Canada.  In seguito capii qual’era in problema; era l’inizio degli anni di piombo.  Per anni dopo questo ritorno non sono stata capace di andare in Italia ma nel 1988 ho partecipato a Roma alla conferenza degli “Italiani che vivono il mondo” e mi sono resa conto che ero completamente inconsapevole di quello che era veramente successo.  Non mi ero resa conto degli enormi prolemi che l’Italia aveva affrontato negli anni ’70 e ’80.  Si’ ero italiana ma mi sembrava in qualche modo di aver perso il mio Paese.  Pero’ tornando ho ritrovato la mia famiglia, i miei amici ed ho anche conosciuto i “Piemontesi nel Mondo” e Michele Colombino, il loro presidente, ed anche loro mi hanno dato riconoscimenti vari e fra questi un targa per essere stata la prima emigrante piemontese eletta in un governo straniero.

Ho conservato le mie radici partecipando ed organizzando molte delle attivita’ che hanno avuto luogo nella comunita’.  Inizialmente ero un po’ scettica, non conoscevo gli italiani di Vancouver ma presto mi sono resa conto della loro umanita’ e generosita’.  Devo pero’ ammettere che mi sono sempre detta che se non avessi la comunita’ italiana impazzirei ma allo stesso tempo se dovessi lavorare sempre e solo con gli italiani impazzirei comunque!

 

  1. Quanto era importante il Centro Culturale Italiano per la comunità italiana a quel tempo?

All’epoca, quando gli uomini arrivavano in Canada, trovavano lavoro mentre le donne stavano a casa a sbrigare le faccende e questa e’ la ragione per la quale le donne hanno avuto grande difficolta’ ad imparare l’inglese.  Le cose importanti per uomini e donne erano prima di tutto, il lavoro, la casa, la famiglia e poi un posto per incontrarsi: un luogo dove mangiare, bere,ballare, giocare a carte, a bocce, in contrarsi con le altre famiglie… e cosi’ e’ nato il Centro.  Nessuno ha un merito particolare per la costruzione del Centro, ne hanno merito tutti quelli che hanno collaborato ed hanno creduto in un sogno che si e’ avverato.

E’ stato l’allora Premier della Columbia Britannica, Dave Barrett, che sapendo che gli italiani volevano un Centro prese contatto con il Console d’Italia a Vancouver, Giovanni Germano, e lo incoraggio’ a costruire promettendo una donazione del governo tramite un programma che promuoveva il multicultralismo.  Io fui invitata ad una riunione convocata dal Dott. Germano in cui si discusse la costruzione di un Centro per promuovere la cultura e per dare casa a 700 ragazzi che all’epoca prendevano lezione di italiano il sabato sparsi nelle varie scuole di Vancouver.  C’era molto idealismo nei nostri piani ma Rino ed io abbiamo deciso di pubblicare un giornale che appoggiasse i piani di costruzione del Centro.

Peer quanto mi riguarda, la vera spinta emotiva per avviare concretamente il progetto, e’ arrivata nel 1974 quando per la prima volta il Console Germano ha invitato la comunita’ italiana al teatro Queen Elizabeth per i festeggiamenti del 2 giugno.  Ricordiamoci che all’epoca una buona parte degli italiani vivevano nella zona di Commmercial Drive, la Little Italy del tempo, e raramente ne uscivano.  Quel giorno ho per la prima volta ho visto il folclore italiano e sono rimasta colpita da gruppi di ballerini che si esibivano in balli vari e dal coro che cantava “Va pensiero” alla presenza di 3,000 italiani e varie autorita’ politiche.  Fu il “Va pensiero” che mi commosse e mi persuase a partecipare alla creazione di quello che oggi e’ il Centro.

Tutto questo infatti ha accellerato l’uscita del “Marco Polo” nel settembre dello stesso anno.  Qundo il primo numero usci’ eravamo tutti commossi perche’ nessuno di noi sapeva fare un giornale.  Rino Vultaggio era l’editore, Olga Vultaggio curava la pagina della moda, Joe Niccoli si prendeva cura dello sport ed io mi sono ritrovata a fare la direttrice per ben quattro anni!  Quando il Centro si e’ stabilizzato, io mi sono dimessa dal giornale.  Era il settembre 1978 ed ho ancora collaborato per un paio di numeri.  Il “Marco Polo” ha interrotto la pubblicazione nel febbraio 1979.  Era stato un lavoro immenso ma fatto veramente col cuore.

La costruzione del Centro e’ stato un vero miracolo.  Gli italiani che hanno partecipato alla costruzione l’hanno fatto con passione.  Ogni sera ed ogni fine settimana i lavori erano condotti con molta allegria.  C’era un verso senso di comunita’ ed in dieci mesi il Centro e’ stato costruito da volontari.  Nella primavera del 1977 venne il Ministro Foschi dall’Italia e si dovette mettere un telo sulla parte costruita perche’ non c’era ancora il tetto.  Eravamo tutti molto emozionati.  Il Centro fu inaugurato il 21 settembre 1977.

Nel 1980 decisi di dare una mano al Centro, mi presentai nel Direttivo e fui eletta Vice Presidente.  Il compito che mi fu assegnato fu di recuparare il terreno adiacente al Centro che, nel frattempo, era stato perso e nel giro due anni sono riuscita a recupare il terreno su cui sono state costruire due residenze per anziani: Casa Serena, per anziari autosufficienti, e Villa Carital, progetto pilota per il Canada, per anziani bisognosi di cure e di assitenza.  L’obiettivo era di portare gli anziani nella comunita’ e non di isolarli ma di far parte del Villaggio Italiano progettato nel 1980.

 

  1. Come si è evoluto il Centro Culturale Italiano oggi?

La comunita’ e’cambiata.  Per tanti siamo alla quarta/quinta generazione.  I miei nipoti sono alla terza generazione.  Mio figlio, da ragazzo ha aiutato con il Bingo ed ha servito nel salone durante alcuni eventi.  I miei nipoti sono venuti al Centro per la prima volta l’anno scorso quando mi hanno eletta nella Hall of Game.  Hanno amici che non sono italiani e questo rende tutto piu’ complicato.

Uno dei problemi e’ l’apprendimento dell’italiano che un tempo i nonni insegnavano ai loro nipoti ma che in molti casi si e’ perso crescendo.  Oggi sono molti i giovani italiani che vengono in Canada ma bisogna chiedersi se sono interessati a venire al Centro.  Molti parlano gia’ l’inglese e non sentono di aver bisogno degli altri italiani; nel passato era fondamentale avere contatto con i propri conterranei, visto che sono successivamente gli italiani che hanno sentito la necessita’ di imparare l’inglese.

Sembra che, in questo momento, sono le altre culture ad essere molto piu’ interessate all’Italia di quanto lo sono i nostri giovani.

 

  1. Quali sono alcuni consigli che vorresti dare alle prossime generazioni di italiani che stanno venendo in Canada?

I giovani fanno molto bene a venire in Canada, e’ importante fare delle esperienze.  Devono cercare di integrarsi al piu’ presto e di adattarsi senza perdere le proprie radici.  So che trovare lavoro e’ difficile ma lo e’ ovunque.  Se hai il coraggio di uscire da casa tua , dalla tua terra, gia’ hai dimostrato coraggio, quindi si deve trovare la forza di dedicarsi a questa impresa.  Si deve mettere in pratica l’arte di arrangiarsi, proprio all’italiana!  Non bisogna scoraggiarsi, se uno vuole veramente qualcosa lo puo’ fare.  E’ necessario avere la capacita’ di riaffermarsi e continuare a credere in se stessi.

 

  1. E alle seconde e terze generazioni che sono nate qui cosa consiglieresti?

Io mi sento parecchio colpevole di non aver coinvolto i miei nipoti nella comunita’ ma e’ stato difficile anche per altre famiglie.  Qui non avevo nessuno ed ho dovuto fare tutto da sola.  Inoltre credo nella liberta’ dell’individuo e quindi non ho mai obbligato nessuno a fare scelte controvoglia.  Mia nuora non e’ italiana ed i miei nipoti ed i loro genitori vivono lontano da me, quindi non ho mai fatto la nonna all’italiana.  Il mio consiglio e’ di tenersi la famiglia vicino come hanno fato tante delle famiglie che conosco perche’ i nonni ed il resto della famiglia sono estremamente importanti per passare ai loro nipoti non solo la lingua ma anche la cultura e perche’ la tradizione della famiglia e’ estremamente importante per tutti noi italiani.

 

Written by Lara Ferrarotti